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Se con il tempo il Trentodoc diventa ancora più buono

Scrittore e “quintessenza” del viaggiatore epicureo (come lui stesso si descrive), Andrea Zanfi è nato e vive in Toscana, ma si muove continuamente in un girovagare attraverso le realtà enogastronomiche italiane per raccontarle attraverso la gente e le tradizioni e dice “Ogni volta è una scoperta nuova e imprevista che mi conferma nella mia ricerca”. Di libri ne ha scritti molti, l’ultimo, appena uscito, si intitola “Sardine e acciughe di Sicilia – Il mito delle stelle trasformate in pesci” e lo ha realizzato in collaborazione con Franco Andaloro: raccoglie storie di pesca e ricette di chef che restituiscono il giusto valore al pesce azzurro, pesce povero per antonomasia. Nel 2010 Zanfi si era occupato anche di bollicine portando a termine “L’Atlante degli Spumanti d’Italia”, composto di due volumi (Metodo Classico di Territorio e Metodo Classico di Vitigno), una fotografia dettagliata del movimento spumantistico e dei suoi protagonisti.

Più che scoprire cosa c’è dentro la bottiglia, a Zanfi interessa capire cosa esiste al di fuori: “Il vino è la conseguenza di diversi aspetti antropologici e culturali. La vite, la vigna, il clima, la cultura e la storia insieme danno un risultato che è il vino”. E il suo modo di procedere passa soprattutto attraverso le persone: “Mi piace quando questo mondo rivela la parte più autentica e positiva di sé, mi piace chi ha le mani sporche di terra e chi ha un’idea semplice del vino. Mi piace incontrare diversi interlocutori, conoscerli, parlare, discutere, non essere d’accordo”.

Le prime volte che si è recato in Trentino racconta di aver avuto dei pregiudizi e un certo scetticismo sulla capacità di ospitalità dei produttori di vino, ma poi ammette di essersi dovuto ricredere: “I trentini sono molto ospitali, con alcuni di loro coltivo ormai da anni una bella amicizia e mi capita spesso di venire in vacanza in questa regione dove i vitigni si inseriscono armoniosamente negli squarci di territorio. Il Trentodoc l’ho visto nascere, ho visto l’impegno e l’entusiasmo delle persone e di un’amministrazione nel valorizzare un prodotto”. Le bollicine di montagna le preferisce invecchiate: “Una delle migliori bottiglie che ho assaggiato aveva 60 mesi: un’altra del 2008, stappata qualche mese fa a casa con alcuni ospiti la ricordo caratterizzata da grande complessità e armonia. Il Trentodoc dovrebbe prendersi più tempo per esaltare le sue qualità”.

www.andreazanfi.net

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