Trentodoc tra sacro e profano

“Quello che dicono un po’ tutti, lo confermo: le bollicine di montagna sono perfette per l’aperitivo, ma anche a tutto pasto. Io preferisco quelle più secche e aromatiche, ottime per bilanciare la cucina trentina, spesso grassa e ricca di burro”. Ecco allora che Andrea Bassetti, consulente food&beverage per alcuni ristoranti del Trentino e docente di Storia della Gastronomia all’Istituto Alberghiero di Rovereto, immagina una degustazione di Trentodoc tra sacro e profano: lui, che è anche Gran Maestro della Confraternita del Tonco de Pontesel, propone di abbinare le bollicine proprio a questa ricetta tipica della tradizione, un gustoso intingolo a base di carne mista in brodo, insaporito da lardo e luganega del Trentino e servito con polenta o patate. Alcuni sostengono che lo strano nome di questo piatto derivi dall’espressione “far el pontesel”, che si potrebbe tradurre come “leccarsi i baffi”, un gesto che sì, per questa volta vi concediamo di fare anche se siete davanti a un elegante calice di bollicine.

A un’altra Confraternita di Trento, quella della Vite e del Vino, Bassetti associa invece il ricordo di una degustazione molto particolare: “Una volta, durante un incontro, abbiamo assaggiato alcune tra le migliori bottiglie di vecchia annata di Trentodoc, bottiglie che avevano all’incirca 15 anni, una scoperta molto interessante”. E se è vero che le bollicine trentine riscuotono sempre più successo, giovani o invecchiate che siano, è vero anche che “bisogna lasciarle fare a chi sa farle davvero, perché tra produrre un vino fermo e produrre un vino spumante la filosofia è completamente diversa”. Senza dimenticarsi che si parla di Trentodoc solo quando questo vino viene ottenuto da quattro vitigni trentini, dallo chardonnay al pinot nero passando per il pinot bianco e il pinot meunier. Il posto più bello per godersi un bicchiere? “La zone dell’alto Garda, paesini come Arco o Limone” dove lo sguardo si posa inevitabilmente sullo spettacolo del lago.

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